Ché madre fu, quella falda
acquifera che lambisce l’humus e, per le radici, lentamente si arrampica ed
espande fra le fibre del tronco per raggiungere i rami e irrorare di vita i
germogli e le foglie.
Ché madre fu, la fatica e la gloria
a superare ogni forza nemica dell’etere che gonfia ogni bolla pregna del
disegno dell’Universo, e portandola in alto, la comprime e la scoppia spargendo
ogni essenza di vita.
E fu quindi madre, a seguire e
nutrire i percorsi del tronco, dalla già più insignificante e piccola radice,
inoltrandosi fra le buie vene del legno, a salire salire, e ad ogni ferita
piangere una lacrima d’ambra, a testimonianza per i secoli a venire.
La lacrima d’ambra a catturare
frantumate onde di luce per avvolgere ed effondere, con aure di calore, il
corpo dell’albero; giovane potenza che nasce dalla Terra Madre, e da essa si
perpetua.
Della Madre da "Pensieri e Riflessi di Vita" copyright by Am Vezio2012
gli uccelli di aprile vanno al paradiso,
sono grilli quelli che pettinano violini con permesso,
si escludono per il viaggio le gemme e scarpini.
L'oscura chiarezza entra ai tuoi confini,
abbaglia nel tuo cotone l'oro del tuo ricciolo
che culla nelle sue tenerezze la notte con incantesimo,
si ascolta in dolce sogno cantare a serafino.
Assente nel concerto spingi il ciglio
ed occulti i turchesi festivi della tua aurora,
traversina collochi corona alla montagna.
Aperta la tua ciliegia si alza seduttrice
e calma la nostra sete di vita nella tua capanna.
Presenti e lontani in astro che si ignora.
© Maurizio Trapasso - 30.06.2012